Consapevolezza: una parola che nell’ultimo periodo mi ha accompagnata molto. Sì, perché mi sono accorta di valere molto più di quanto credessi. E più il tempo trascorre, più me ne rendo conto. Gli errori insegnano. L’esperienza insegna. E ho imparato ad apprezzarmi maggiormente, sia fisicamente sia umanamente. A non dare retta alla povertà d’animo e alla superficialità dilaganti. Ad ascoltare i miei desideri, a non farmi travolgere dalla negatività e dall’egoismo degli altri. A non stare male o a farmi venire i sensi di colpa per il nulla. Sto imparando a vivere, costruendo pian piano il cammino della mia vita sotto tutti i profili. Un passo alla volta. Un gradino alla volta. Soprattutto in questo momento speciale per me. Soprattutto nel giorno del mio compleanno.
Sandro Pertini (1896 – 1990), partigiano e settimo presidente della Repubblica Italiana, in carica dal 1978 al 1985, in poche parole riassume l’importanza fondamentale della ricorrenza del 2 giugno: molti giovani sono morti per seguire un’ideale, quello della democrazia, e lui stesso, insieme a tanti altri, ha lottato rischiato la vita per non lasciarlo andare. Sacrifici per la fine di un regime autocratico. Sacrifici per la nascita della Repubblica nel 1946, data dal referendum istituzionale. Sacrifici per il futuro. Sacrifici per la libertà. Sacrifici per la nostra libertà.
Non lo dimentichiamo, soprattutto in questo periodo delicato, in cui la democrazia sembra una realtà più preziosa che mai. Anzi, lo è.
Buio, silenzio, sofferenze indelebili e indistruttibili che quasi uccidono. Ma d’improvviso, eccoli lì. Sprazzi di luce che penetrano nell’oscurità dalle piccole aperture di una persiana imperfetta, dalla minuscola crepa di un muro, da una finestra semiaperta, donando uno spiraglio colmo di bei ricordi, di delicate sinfonie, di pensieri che lentamente si colorano di sfumature più vivaci. Sprazzi che cercano di restituire la forza di andare avanti, di lottare, di combattere contro ogni angoscia, nonostante l’opprimente malinconia, nonostante tutti i dolori, e di lasciarci cullare dall’autentico splendore di una stella che brilla per ognuno di noi.
A volte mi sembra che le parole non bastino mai, soprattutto in questo periodo delicato per tutti. Non che prima le cose fossero così diverse per me. Ma fin da piccola ho sempre trascorso il Natale con i miei nonni e già so che oggi mi mancheranno da morire. Anche se non sono credente, per me il 25 dicembre significa “famiglia” e mi pare così strano non poterlo festeggiare con loro. Ma poi mi vengono in mente tutte le strazianti immagini che abbiamo visto negli ultimi mesi e a chi le ha vissute in prima persona. Penso a tutte le vittime di questo virus, alle famiglie che hanno perso i loro cari, a chi ha sofferto terribilmente nei reparti di terapia intensiva. E penso anche alle persone che lavorano costantemente in ospedale, cercando di fare tutto il possibile per i pazienti colpiti. Ed è proprio per questo che dobbiamo essere prudenti, ancor più di prima. È proprio per questo che dobbiamo tutelarci a vicenda, senza cadere nella trappola dell’egoismo e del menefreghismo. E voglio augurare un buon Natale a tutti, con la speranza che un giorno potremo riabbracciare i nostri cari senza preoccupazioni.
Lentamente la speranza muore disidratata e annientata dalle atroci malvagità e dall’immenso menefreghismo che sovrasta questo mondo, come un velo di puro egoismo che devasta e colora il cielo di nero, rendendo buio ogni elemento, anche il più luminoso. Quel velo che diventa sempre più ingombrante, fino a coprire l’ultimo raggio di sole. E soltanto guardando quello spicchio splendente rimpicciolirsi e scomparire nel nulla, molti umani, ormai avvolti nelle tenebre, si accorgeranno di quanto quella luce fosse essenziale, come acqua per un fiore appassito, e di quanto tempo hanno sprecato lamentandosi di banali futilità, e forse saranno consapevoli della preziosità di ogni attimo, di ogni istante, di una vita intera.
Se tutto si osservasse con gli occhi di un fanciullo curioso, il mondo sarebbe un raggio di felicità in un universo d’amore e dolce speranza capace di alimentare anche un’esistenza povera di emozioni, trafitta dal dolore più spietato e dalla più brutale sofferenza. Eppure la natura umana preferisce crescere lasciandosi alle spalle i ricordi di quell’infinita curiosità, invece di nutrirla giorno dopo giorno, conservando la purezza dell’animo di un bimbo alla scoperta di semplici meraviglie che riempiono il suo cuore di autentica gioia.
Questo 2020 ci ha portato via due grandi maestri, due anime che hanno dedicato la propria vita alla musica. Prima Ezio Bosso, poi Ennio Morricone, che oggi ci ha lasciati all’età di 91 anni. Questa mattina non ci volevo credere quando ho letto la notizia. Per un attimo sono rimasta senza parole, incapace di distinguere la realtà dalla fantasia. Anche per me, che non sono un’intenditrice di musica, è stato un duro colpo. Perché alcuni (come Ezio Bosso ed Ennio Morricone, per l’appunto) non moriranno mai. Resteranno sempre nei nostri ricordi. E anche io nel mio piccolo lo ricorderò sempre. Quando ho visto per la prima volta il film di Giuseppe Tornatore Nuovo Cinema Paradiso (1988), ero ancora al liceo. Una vita fa, insomma. Ricordo che era un film ben fatto, ma il pezzo finale è stato qualcosa di meraviglioso. Sì, perché quella dolce melodia (Love Theme, scritta da Ennio Morricone e dal figlio Andrea, anch’egli compositore) che accompagna la scena con i baci censurati delle pellicole è ancora impressa nella mia mente. Allora non sapevo chi fossero gli autori di quella splendida composizione, ma oggi più che mai rivivo quei momenti e quella stessa musica, capace di farmi scorgere una piccola luce di speranza.
«Io, Ennio Morricone, sono morto. Lo annuncio così a tutti gli amici che mi sono stati vicini ed anche a quelli un po’ lontani che saluto con grande affetto. Impossibile nominarli tutti. Ma un ricordo particolare è per Peppuccio e Roberta, amici fraterni molto presenti in questi ultimi anni della nostra vita. C’è solo una ragione che mi spinge a salutare tutti così e ad avere un funerale in forma privata non voglio disturbare. Saluto con tanto affetto Ines, Laura, Sara, Enzo e Norbert per aver condiviso con me e la mia famiglia gran parte della mia vita. Voglio ricordare con Amore le mie sorelle Adriana, Maria e Franca e i loro cari, e far sapere loro quanto gli ho voluto bene. Un saluto pieno intenso e profondo ai miei figli Marco, Alessandra, Andrea e Giovanni, mia nuora Monica, e ai miei nipoti Francesca, Valentina, Francesco e Luca. Spero che comprendano quanto li ho amati. Per ultima Maria, ma non ultima. A lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare. A lei il più doloroso Addio»
Questo è il suo necrologio, scritto qualche giorno fa dallo stesso Morricone. Leggendolo, ho rivissuto le stesse emozioni di allora e ho scoperto che non era soltanto un grande compositore, ma anche un uomo eccezionale e allo stesso tempo umile, con un enorme rispetto nei confronti degli altri e un immenso amore verso gli amici e la famiglia.
Grazie, Maestro. La Sua musica sarà immortale, sempre.
La scorsa notte non riuscivo ad andare a dormire. Ero sul divano, agitata e in preda ad un terribile panico che non mi permetteva di rilassarmi. Così ho preso il mio tablet e mi sono messa a scrivere. So che è l’unica soluzione in quei terribili momenti di angoscia e in effetti dopo mezz’ora mi sentivo già molto meglio. Ho scritto ciò che sentivo e percepivo, sfogando tutta me stessa e liberandomi di tutto ciò che avevo dentro. So già che per qualcuno le parole che ho scritto saranno un po’ troppo forti, ma come già detto moltissime volte, preferisco essere me stessa piuttosto che indossare una finta maschera che accontenterebbe tutti. So anche che questi momenti di malinconia sono e saranno sempre una costante della mia esistenza, esattamente come l’amore per la scrittura, che forse è e rimarrà sempre la mia unica fonte di vita. E di questo non posso che esserne felice.
Di solito tendo ad avere sempre un briciolo di speranza, quella tiepida luce che brilla da quando il mio corpo ha deciso di entrare a piccoli passi in questo mondo. Ma oggi è diverso. Le lacrime non si fermano, il dolore mi devasta in tutte le sue forme. Annienta ogni mio angolo di pelle. E sento di non riuscire più a controllarlo. Per quanto mi sforzi, lui è sempre più forte e capace di sconfiggermi anche all’ultima mossa, quando penso che il peggio è passato. Mi coglie di sorpresa, facendomi ruzzolare a terra come una ruota che corre fino a quando non cade giù stremata. Ed ogni volta che mi rialzo, so che si è rotto qualcosa dentro di me. Lentamente mi sbriciolo, perdo tutti i frammenti che compongono il puzzle della mia vita. E invece di crescere e diventare più forte, percepisco che anche quella timida luce si sta spegnendo, lasciandomi morire sola e immersa in un oceano di sensi di colpa che attanagliano il mio cuore dall’attimo dannato in cui ha iniziato a battere. Non ho chiesto io di nascere in un mondo che considera la perfezione una moda. Non ho chiesto io di vivere una condizione fisica invalidante che ha spazzato via anche quel poco coraggio che avevo da bambina, in cui l’innocenza riusciva ancora a vincere sulla vergogna. Sì, perché è questo che provo ogni volta che penso a me stessa. Un immenso senso di vergogna verso tutta la mia persona. Non solo fuori, ma anche dentro. Un fenomeno da baraccone senza un minimo di personalità, unicamente in grado di mettere in difficoltà chiunque gli capiti davanti. Pianti isterici negli istanti di gioia, irrefrenabili risate nei momenti meno opportuni. Questa sono io. Un insieme di inutili pezzi combinati male, con una costante sofferenza che distrugge ogni minimo tentativo di mischiarmi tra la gente. Ma io non posso fare finta di essere come gli altri, perché non lo sarò mai. Non potrò mai camminare a passo deciso, non potrò mai vivere la quotidianità. Posso semplicemente cercare di combattere quel dolore continuo che tortura il mio corpo fino a farlo stramazzare a terra agonizzante. Ma ormai non sento più quella luce, si è spenta definitamente. Non riesco a scorgerne nemmeno un fascio. E posso finalmente morire in pace.
Variegate maschere celano splendidi sorrisi, sguardi appagati, volti tristi o stanchi, ma rivelano le stelle più splendenti, le luci più abbaglianti, che rendono trasparenti anime pure, autentiche, vere come l’acqua fredda di un fiume che scorre imperterrito. Gli occhi, il riflesso di una profonda intimità, di ogni segreto, di ogni piccolo particolare, di ogni singola sfumatura di colore che illumina i nostri giorni, che costruisce il cammino della nostra imprevedibile vita, che innesca il motore di infinite emozioni.
Laura Berardi, 13 giugno 2020, dedicata ad una carissima amica, che oggi compie gli anni.