Primo Maggio, la Festa dei Lavoratori. Un tema delicato, soprattutto in questo periodo dove troppe persone hanno subito le conseguenze della pandemia da Coronavirus: c’è chi ha sacrificato addirittura la propria vita per dare assistenza ai malati, c’è chi lavora assiduamente per continuare a garantire i servizi. Purtroppo a questi si aggiungono anche coloro che hanno perso la propria occupazione e ora si ritrovano a dover combattere per ottenere un posto di lavoro.
In Italia la situazione era precaria anche prima della pandemia, ora si è ulteriormente inabissata. Sì, perché questo virus non guarda in faccia a niente e nessuno. Provoca morte, dolore, disagio psicologico ed economico, senza mostrare alcuna pietà. Ed è proprio questo che ci ha distrutto. Il fatto di non poter far nulla, saltanto prendere delle precauzioni per contenerlo. Non ci sono ancora delle cure, non c’è ancora un vaccino. Quando arriveranno sarà grazie al lavoro di ricercatori precari che stanno dando l’anima per poter trovare dei farmaci efficaci. Sarà grazie a loro che torneremo liberi di stare insieme, di poter tornare finalmente alla tranquillità di una cena in compagnia senza preoccuparci di indossare guanti, mascherine e quant’altro.
Ho fatto quest’esempio per esprimere un concetto a me molto caro: il lavoro è una parte importante della vita, non deve ledere la dignità di nessuno e deve essere operato nel rispetto di tutti. È vergognoso che nel 2020 ci siano ancora lavoratori sfruttati o sottopagati oppure condizioni di sicurezza non idonee, che provocano ogni anno molti infortuni gravi e malattie professionali e numerosi decessi. Ma soprattutto è inaccettabile che troppe persone si trovino ancora senza un’occupazione, nonostante magari abbiano tutte le capacità e tutti i requisiti per svolgerla.
Il lavoro è un diritto di tutti. Non dimentichiamocelo. Mai.
Parole sante. Ho alle spalle un certo numero di anni di precariato – non tantissimi, ma per ragioni anagrafiche, vengo da un altro tempo ,- ma la logica che costringere al precariato un’ intera generazione, allo sfruttamento un pezzo troppo alto di donne e uomini, all’indigenza ed alla sopraffazione di minoranze fameliche buona parte dell’umanità credo non possa avere che due soluzioni alternative: o si cambia registro e di redistribuisce la ricchezza a chi non ha nulla, oppure si stacca la spina, per non tenere in vita il malato terminale con le cure palliative dell’indifferenza.
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