Forse è per il mio vissuto. Forse è per la condizione che mi trovo a vivere ogni giorno da quando ero piccola. Forse è per il mio carattere. Sta di fatto che mi sono sempre sentita diversa dagli altri, non solo fisicamente, ma soprattutto moralmente. In qualunque posto mi trovi, vorrei essere altrove, perché non riesco a trovare la mia dimensione nel mondo. E più vado avanti con gli anni, più mi accorgo di essere serena soltanto nella mia solitudine o con poche altre persone che non mi fanno sentire a disagio. Con il resto del mondo percepisco proprio di non esserne capace. È come se il mio corpo fosse immerso in una bolla di sapone, osservando il mondo dall’esterno. Mi sento di un altro pianeta, sento il mio cervello andare da tutt’altra parte rispetto alla massa, soprattutto in questo periodo, dove dopo le importanti restrizioni imposte dal Coronavirus la gente sembra lottare fino all’ultimo sangue pur di riappropriarsi della propria “normalità” e spiattellarla sui vari Social Network. Ho già parlato a lungo di questa convenzione sociale, dicendo che per me non esiste ed è soltanto un modo per adeguarsi. E credo che la penserò sempre così. E lo stesso discorso vale per l’apparenza. Io stessa ci cado ogni giorno, ma in questi ultimi tempi ho imparato a non nascondermi più.
Molti preferiscono agire come gli altri per sentirsi accettati. Personalmente non sono affatto una persona coraggiosa. Anzi, tendo a fuggire davanti alle difficoltà e a volte il giudizio degli altri e la paura di star male mi bloccano. Ma posso dire di non aver quasi mai seguito la massa, perché mi sembra assurdo che per essere inclusi nella società bisogna adeguarsi a determinate consuetudini, per esempio andare a ballare tutti i weekend oppure recarsi a bere in un locale, altrimenti si è considerati diversi. Penso che sia proprio questo il cancro della società, la paura di essere se stessi. Forse è proprio da qui che nasce la mia inadeguatezza. Non mi accontento della compagnia del primo che capita, ma scelgo chi mi fa stare bene.
Senza sotterfugi, senza alcuna regola, perché in qualsiasi rapporto la cosa più importante è il RISPETTO dell’altra persona, non delle convenzioni sociali.
Leggendo questo testo, mi dai l’idea di essere emotiva e sensibile.
Questo sensazione è avvalorata dalla sensazione di estraneità che esprimi. Semplicemente, ti senti ‘su un altro pianeta’, perché ti identifichi con la tua anima, con sogni e desideri, non con il tuo corpo.
Questo è sinonimo di maturità interiore e di forza.
Sì, perché la sensibilità di cui parlavo prima, non è debolezza, ma il desiderio innato di andare oltre alle apparenze.
Per questo, non sono stupito del fatto che la cosiddetta “fase 2” non ti induca alla fantomatica, frenetica, spasmodica ricerca di una normalità apparente.
Tu vivi di sentimenti e di sostanza. Non di regole di adeguamento, appiattimento e ‘standardizzazione’ sociale.
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Di questa lunga riflessione, così profonda e così sincera, sento perfettamente mia ogni singola parola.Ti abbraccio Laura!
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Incredibile, ma condivido moltissimo di ciò che hai scritto nel tuo articolo.
Da sempre, non seguire le masse l’ho considerato un motivo in più per essere se stessi e per non omologarsi ad una società che cerca di renderci degli automi controllabili.
Scegliere chi frequentare per me è stata sempre una condizione indispensabile perché, come ben scrivi tu, mi sento a disaggio nel condividere anche solo gli spazi con soggetti con i quali non ho in comune nulla.
Trovo assurdo andare nei pub, a me non piace a prescindere, ma lo trovo di più nel momento in cui si viene privati della possibilità di poter scambiare due parole con gli amici, per la musica altissima che ti fracassa i timpani e ti rende sempre più sordo.
Forza!!!
Credevo di essere unico e solo, la tua testimonianza mi spinge a pensare che non lo sono.
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Personalmente ho sempre mal digerito il gregge e questo tuo meraviglioso post dentro il quale ti sei aperta dicendo ciò che per significa “vivere” affermando chi sei nel profondo dimostra un coraggio che le pecore da gregge, tanto spavalde e sicure di se all’esterno..dimostrano di non avere..vai avanti per la tua strada..te lo dice uno che ha quasi raggiunto la sogli dei 50 vissuti tutti con una più o meno maggiore consapevolezza di volere starne fuori…non per spocchia..o perché penso di essere migliore..ma semplicemente perché mi ritengo diverso…e se la “normalità” è quella che tu citi..del dover per forza aggrapparsi alle convenzione sociale tipiche del gregge…beh allora VIVA LA DIVERSITÀ…bellissimo post..coraggiosissimo post…grazie..😊
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Ti capisco perfettamente e mi ritrovo nelle tue parole. Per questo mi rifugio nella natura e nella scrittura, sono le uniche due cose che mi fanno sentire serena e apprezzata, anche se il mio sguardo qualche volta si volta verso quella società, per cercare qualcuno simile a me e finalmente sentirmi adatta ad essere me stessa, visto che mi sento anormale. Ogni volta che lo faccio, ritorno sui miei passi. Ho delle persone simili a me, e di questo ne sono grata. Se dovessero chiedermi se sono disposta a scambiare la mia solitudine e la mia libertà con la società, griderei MAI. Ti capisco benissimo.
Finisco questo pensiero con una frase di George Byron:
‘C’è una gioia nei boschi inesplorati, c’è un’estasi sulla spiaggia solitaria, c’è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo, e c’è musica nel suo boato. Io non amo l’uomo di meno, ma la Natura di più.’ 🙂
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Leggo solo ora questo tuo bel post! Seguire il branco è facile , seguire se stessi molto meno, penso che la normalità non esista, per fortuna siamo tutti diversi e anche chi segue il branco deve “cambiarsi” per essere “accettato”. L’importante io credo è esserne consapevoli fino in fondo ed accettare le diverse normalità con desiderio di conoscerle. La solitudine mi piace mi ricarica per poi tornare nel mondo e viverlo a pieno in tutti i suoi colori anche i grigi e i neri! Abbi una buona giornata!’
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Bel post, condivido parola per parola. E’ come se mi guardassi allo specchio.
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L’ha ripubblicato su La solitudine del Prof.
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